Per Quotidiano Più, il nostro giuslavorista commenta la sentenza n. 10124 del 17 aprile 2023, nella quale la Corte di Cassazione ha ricostruito ed approfondito le nozioni di giusta causa e proporzionalità alla luce del loro carattere di “clausole generali”. Nell’ambito di un licenziamento per giusta causa, la Corte ha evidenziato che, al fine di una corretta interpretazione, i concetti di giusta causa e proporzionalità devono essere concretizzati.
Le parti del procedimento erano un istituto bancario ed un suo dipendente, licenziato a seguito di un procedimento disciplinare per non avere osservato il Codice di Comportamento interno adottato dalla Banca. Aveva fatto accesso arbitrariamente e senza giustificazione ad alcuni rapporti bancari intestati ai clienti tramite il sistema informatico della Banca, violando altresì alcune disposizioni normative in tema di privacy. Inoltre erano riconducibili al dipendente attività di contabilizzazione di operazioni riferibili ai suoi figli. Queste condotte avevano reso possibili altre azioni delittuose di natura truffaldina, commesse però da terzi.
Nel procedimento di primo grado, il lavoratore aveva impugnato il licenziamento, chiedendo al Giudice (Tribunale di Benevento, sezione lavoro) che, accertatane la illegittimità, condannasse la Banca alla reintegra del dipendente nel posto di lavoro, oltre al risarcimento del danno. Il tribunale aveva comunque dichiarato risolto il rapporto di lavoro, ma contro la sentenza entrambe le parti avevano presentato ricorso alla Corte d’Appello.
Prendendo spunto da tale vicenda, la Corte di Cassazione ha puntualizzato che “I concetti di giusta causa di licenziamento e di proporzionalità della sanzione disciplinare costituiscono clausole generali, vale a dire disposizioni di limitato contenuto, che richiedono di essere concretizzate dall’interprete tramite la valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza generale, sia di principi tacitamente richiamati dalla norma“.
Riguardo alla proporzionalità, la Suprema Corte ha chiarito che “l’accertamento dei fatti ed il successivo giudizio in ordine alla gravità e proporzione della sanzione espulsiva adottata sono demandati all’apprezzamento del giudice di merito, che anche qualora riscontri l’astratta corrispondenza dell’infrazione contestata alla fattispecie tipizzata contrattualmente – è tenuto a valutare la legittimità e congruità della sanzione inflitta, tenendo conto di ogni aspetto concreto della vicenda, con giudizio che, se sorretto da adeguata e logica motivazione, è incensurabile in sede di legittimità (cfr. Cass. n. 26010 del 2018).”
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