Per Euroconference Editoria, i due giuslavoristi hanno commentato una sentenza della Cassazione capace di segnare particolarmente i percorsi futuri della giurisprudenza.
La Corte di Cassazione nella sentenza n. 27334/2022 afferma che il licenziamento è da ritenersi nullo, nel caso sia intimato prima cher il comporto sia superato, indipendentemente dal numero di dipendenti che il datore occupa. Se il datore è una piccola azienda, tuttavia, si applica la cosiddetta tutela reintegratoria attenuata, ai sensi dell’articolo 18, comma 7, dello Statuto dei Lavoratori.
Il commento degli avvocati Evangelista Basile e Rosibetti Rubino a questa sentenza, che ha rovesciato i primi due gradi di giudizio, ne mette in luce l’importanza dal punto di vista giurisprudenziale. I giuslavoristi analizzano infatti le motivazioni della sentenza, in particolare i riferimenti normativi che sono stati dichiarati applicabili al caso in esame. Da questa analisi risulta evidente l’orientamento della Corte: il suoperamento o meno della soglia di 15 dipendenti non può legittimare una diversificazione delle conseguenze del licenziamento nullo. Secondo la Suprema Corte, questa sarebbe la sola interpretazione compatibile con l’esigenza di garantire razionalità e armonia al sistema delle tutele nel caso di licenziamento.
Gli autori tuttavia rilevano come nel caso in questione la lavoratrice era stata assunta prima del 7 marzo 2015, pertanto non era applicabile la disciplina del contratto a tutele crescenti. Poiché il Decreto Legislativo n. 23/2015 non prevede la tutela reintegratoria attenuata, per un rapporto di lavoro in una piccola azienda iniziato successivamente alla data del 7/03/2025 non sarebbe attuabile quello stesso contemperamento previsto dalla Cassazione nella sentenza in commento.
La conclusione pone sul tavolo una domanda ancora aperta: Quale sarà, dunque, la conseguenza sanzionatoria nel caso di un licenziamento per mancato superamento del comporto di un lavoratore assunto dopo il 7 marzo 2015 in una piccola azienda?
L’unica via sembrerebbe la nullità, ma una siffatta soluzione contrasterebbe con quello stesso ragionamento fatto proprio dalla Corte di Cassazione e si risolverebbe in una maggior tutela del lavoratore in questione rispetto a un altro assunto ante 2015 in una grande azienda. La soluzione, quindi, è ancora tutta da trovare.
L’approfondimento è pubblicato sul n. 12/2022 de”Il giurista del lavoro”, il mensile di giurisprudenza e dottrina giuslavoristica per la gestione del contenzioso di Euroconference Editoria.