Su Quotidiano Più edito da Giuffré, il Salary Partner Matteo Motroni commenta gli articoli della legge n. 142/2001 che prevedono innanzi tutto una distinzione fra parte obbligatoria e facoltativa dei regolamenti interni delle cooperative di lavoro.
L’obiettivo dell’articolo, pubblicato il 26 aprile, è quello di chiarire se e in che misura i regolamenti interni possano derogare alla disciplina del rapporto di lavoro dei soci. Infatti il trattamento economico minimo previsto dai CCNL di categoria non può essere modificato in pejus, e non sempre è facile delimitare il confine dell’inderogabilità.
Della giurisprudenza in materia, l’avv. Matteo Motroni ricorda la sentenza della Cassazione 21 febbraio 2019, n. 5189, dove la Corte fa riferimento ad altre precedenti (Cass. n. 17583 del 2014; n. 19832 del 2013) per ribadire come “In tema di società cooperative, nel regime dettato dalla legge 3 aprile 2001, n. 142, al socio lavoratore subordinato spetta la corresponsione di un trattamento economico complessivo (ossia concernente la retribuzione base e le altre voci retributive) comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine, la cui applicabilità, quanto ai minimi contrattuali, non è condizionata dall’entrata in vigore del regolamento previsto dall’art. 6 della legge n. 142 del 2001, che destinato a disciplinare, essenzialmente, le modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative da parte dei soci e ad indicare le norme, anche collettive, applicabili, non può contenere disposizioni derogatorie di minor favore rispetto alle previsioni collettive di categoria”.
Con riguardo all’art. 36 della Costituzione, alcune pronunce (Cass. 17274/2003; Cass. 26953/2016; Cass. 12520/2004) hanno ritenuto che i compensi aggiuntivi di fonte esclusivamente contrattuale come gli scatti di anzianità e le mensilità eccedenti la tredicesima (es. la quattordicesima) non siano da ritenersi voci inderogabili; secondo altre, invece, “…gli istituti retributivi legati all’autonomia contrattuale (come ad esempio le mensilità aggiuntive oltre la tredicesima mensilità, i compensi aggiuntivi ed integrativi dei minimi salariali), benché non possano trovare automatica applicazione, tuttavia non possono essere neppure automaticamente esclusi e il loro esame complessivo è possibile al fine della determinazione della “giusta retribuzione” ai sensi della norma costituzionale” (Cass. 19576/2013).
Nelle conclusioni, il giuslavorista suggerisce altri criteri e prospettive per individuare gli spazi di intervento dei regolamenti interni, in modo da superare con un criterio razionale le ambiguità che le fonti normative e giurisprudenziali possono aver creato.
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